La domanda non è banale e denota interesse e capacità di analisi!
Credo che funzioni così:
Finché il chicco è "vivo" avvengono al suo interno le miracolose e sorprendenti fasi della vita, tra le quali, credo, la creazione di enzimi. Gli enzimi sono un prodotto del metabolismo del chicco, li produce il chicco come li produce il nostro organismo.
Durante la fase di maltatura il chicco d'orzo sta facendo la sua normale crescita che farebbe nel terreno umido. Tra le operazioni c'è appunto la produzione di enzimi.
La "modificazione" del chicco, cioè la sua naturale evoluzione verso la piantina, viene interrotta quando il chicco ha prodotto abbastanza enzimi da avere il "potere diastatico" richiesto, ma non è così avanzata da avere consumato troppo amido.
La modificazione viene interrotta nell'ultima fase della maltatura, e cioè il trattamento termico che uccide il chicco (pace alla sua anima, il suo sacrificio non sarà stato vano

). Questo viene fatto, per i grani "normali", a temperature che non degradano gli enzimi ma, per i grani "speciali" può essere fatto a temperature più alte, perché i grani speciali non hanno la funzione di fornire potere diastatico (cioè enzimi) alla polta che viene ammostata.
Quindi per i grani normali (cioè quelli che costituiscono la base della birra, che daranno luogo a zuccheri semplici, che diventeranno alcol, e a zuccheri complessi, che diventeranno "corpo" della birra) gli enzimi sono ancora nel chicco e non sono stati disattivati. La ragione per la quale non lavorano è che il chicco è "morto".
Se però metti questi enzimi a certi intervalli di temperature, ciò che avviene nell'ammostamento, gli enzimi "lavorano", o meglio riprendono a lavorare continuando quel lavoro che già facevano nel chicco vivo, cioè convertire amidi in zuccheri più o meno semplici.
Quindi la domanda che io mi pongo è: perché nel chicco morto gli enzimi non lavorano, e nel chicco vivo gli enzimi, pure magari a 20°C, sono in grado di lavorare?
La risposta che mi dò è che associare una temperatura di lavoro agli enzimi, ritenendo gli enzimi "inattivi" al di fuori di quell'ambito di temperature, è una semplificazione pratica. Gli enzimi lavorano
sempre, a qualsiasi temperatura. Il lavoro però cresce molto all'aumentare della temperatura (e anche della possibilità di muoversi all'interno di un liquido, come in una pentola). Inoltre, è un processo biologico (la "vita") che usa gli enzimi nel chicco. Se non c'è vita nel chicco, gli enzimi non vengono usati dal processo vitale.
Quindi l'amido che c'è nel chicco vivo viene trasformato dagli enzimi in zuccheri semplici, a temperatura ambiente, diciamo nell'arco di tre settimane (anziché di 60 minuti circa a temperatura d'ammostamento). L'amido che sta nel chicco "morto" a temperatura ambiente, cioè il malto che noi compriamo, non riduce gli amidi del chicco in zuccheri, neanche in 6 mesi, perché non c'è un processo vitale che lo utilizza. La molecola "enzima" sta ferma dentro al chicco morto e non fa nulla.
In pentola la "vita", cioè il fattore che mette in moto gli enzimi, è data non solo dal calore ma anche dal rimescolamento della polta. L'enzima è come una chiave inglese che va in giro in cerca di bulloni da smontare. Nella pentola, il moto convettivo dell'acqua (o l'agitazione fatta dal birraio) fa sì che gli enzimi incontrino le molecole di amido da smontare. Questo processo nel chicco morto non avviene, è tutto fermo. Nel chicco vivo è il processo vitale che fa "incontrare" le molecole di amidi con le molecole di enzima.
L'arresto della germinazione quindi si ottiene uccidendo il chicco e non disattivando gli enzimi. Gli enzimi rimangono intatti ma è la mancanza di vita nel chicco che li tiene inattivi.